mercoledì 29 marzo 2017

Volo ancora?

"...L'ultimo ricordo di Giorgio fu il viso di Eva che, attraverso una mascherina, gli diceva di contare dal cento a ritroso fino a zero. Non riuscì ad arrivare nemmeno a novantacinque..."

Queste due righe sono state prese a caso dalla nuova stesura cui mi sto dedicando. Non può essere definito il seguito di "Volo di Nascosto" perché qui si parla di una nuova avventura, una nuova identità, una nuova vita da vivere.

venerdì 16 dicembre 2016

Autore: il dio minore.

Nulla può superare il potere di Dio per come ce lo raffiguriamo nelle varie culture religiose.
Dio può fare tutto e ha un arbitrio che trascende quello di chiunque, indistintamente.
Lo scrittore è dio. Diciamo un dio minore.
Perché? perché all'interno del suo piccolo mondo può decidere della vita o della morte dei propri personaggi, della loro felicità o del loro rammarico. Può stabilire quanto amore essi debbano ricevere nella loro esistenza e quanto odio possano distribuire agli altri. Può far nascere la vita. Può renderla misera o ricca. Può fare ciò che vuole.
Chiaro: può farlo solo all'interno del suo mondo. Però il suo impero può essere circoscritto oppure infinito e viaggiare parallelo a quello reale secondo quanto lui decide.
Il fatto è che lo scrittore ha la tendenza a sottovalutare l'affezione che i suoi personaggi creano sui lettori però è lì che si compie la magia. Esattamente il lettore è lo stargate tra il mondo parallelo dove lo scrittore è dio e quello reale dove non conta nulla, o quasi.
Quando la porta tra le due dimensioni è aperta attraverso le pagine di un libro, tutto il sentimento, l'odio, la gioia e l'amore che lo scrittore ha manipolato nel suo mondo vanno ad influenzare inesorabilmente quello reale facendo subire al lettore il potere dell'autore.
Ci sono due cose che il lettore può fare: chiudere la porta tra i due mondi e continuare a vivere solo nella propria dimensione oppure lasciarsi condurre per mano dallo scrittore affidandogli il proprio cuore e confidando che lo tratti bene.
Autori state attenti: avete un grande potere che dovete gestire al meglio; non lasciatevi trasportare dalla inebriante sensazione che questo vi da e, ogni tanto, voltatevi a guardare negli occhi chi, tenendovi la mano, si sta lasciando condurre nel vostro mondo in piena fiducia.


domenica 20 novembre 2016

Tempo perduto

E' già un po' che sono seduta qui e ancora Giuseppe non si vede. Spero che non gli sia capitato nulla; magari con la bicicletta?! Oppure suo papà ha fatto tardi al lavoro e non ha potuto ancora accompagnarlo con il camioncino. Chissà?! Comunque ho deciso che aspetto ancora un pochino poi me ne vado a trovare Laura che, come tutti i pomeriggi, sarà nel giardino di casa a giocare con le sue pigotte. Piacciono anche a me ma lei esagera. Non ricordo se ho finito i compiti...cosa c'era per domani? Accidenti sono proprio una sbadata ma, meno male, ho segnato sul quaderno tutto quanto.
Oddìo, e adesso questo vecchio cosa vuole. Sta venendo proprio verso di me! meglio fare finta di nulla e guardare da un'altra parte, so benissimo che non bisogna parlare con gli sconosciuti, tanto più se sono dei vecchi bavosi!
«Maria! eccoti finalmente!»
Ommamma ma che...come fa a sapere il mio nome?
«Forza, andiamo a casa»
«Non ci penso proprio a venire a casa con lei, mi lasci in pace o chiamo mio papà!»
«Amore, sono io, Giuseppe! Dài vieni che qui prendi freddo»
Mentre mi dice queste assurde parole allunga una mano per prendere la mia, ma... la mano che gli vedo stringere mi è completamente estranea: è bianca, rugosa e con la pelle talmente delicata da essere quasi trasparente! ma cosa succede? Io sono bella e piccola, non è mia questa mano! mi osservo anche l'altra e la trovo uguale alla prima. Non capisco! possibile che sia stata seduta per così tanto tempo su questa panchina da essere diventata anche io una vecchia? E questo signore, poi? Giuseppe? ma Giuseppe ha dodici anni, come me! Questo è un nonno...
Lui mi guarda e mi sorride benevolo mentre mi posa un braccio intorno alle spalle.
«Non devi preoccuparti, lo so che a volte la tua malattia ti fa questo scherzo e, di una intera vita, prende in prestito gli anni migliori. Ma ci sono io, sarò la tua memoria e sarò molto preciso perchè so come sono andate le cose: io c'ero, accanto a te».

giovedì 27 ottobre 2016

Il Narratore

L'uomo camminava assorto solcando le prime ombre della sera con passo costante, meditabondo.
«ma che cazzo ne vuoi sapere tu?»
pensieri violenti gli sfuggivano tra i denti in un impeto incontenibile.
«no, non hai capito! sto parlando con te!»
il delirio nella sera continuava mentre il buio ingoiava le vie del centro.
«hey, ma ci sei o ci fai? narratore dei miei stivali!»
...?
«proprio tu, coglione! ma cosa ne sai di cosa ho in testa io? "camminava meditabondo" ma da dove ti vengono 'ste minchiate?»
ma, stai parlando con me?
«finalmente l'hai capita! cosa credi che io stia qui a farti da marionetta per farti fare bella figura con i lettori? se proprio lo vuoi sapere quali sono i miei pensieri mentre "solco le ombre della sera", te lo dico subito: sono incazzato come una bestia perché mi tocca uscire dopo essermi già piazzato davanti al televisore a causa delle batterie del telecomando! avevo a casa solo le stilo e, ovviamente, nel mio telecomando ci vanno le mini-stilo! altro che "pensieri violenti del buio che ingoia! ma come ti vengono?!»
hemm, per me questa è una novità: non sapevo che i personaggi di cui narriamo nei libri potessero sentirci.
«certo che possiamo, e appena girate pagina vi prendiamo per il culo di brutto! hahaha. Tra l'altro come è questo fatto che io per parlare devo mettermi tra virgolette (come se sparassi solo cazzate) e tu, invece, vai via liscio come l'olio?»
Non saprei dirti, è sempre stato così per quel che ne so!
«cominciano ad essere un po' troppe le cose che non sai! ma voi narratori mica siete onniscienti? cos'é, quando c'era il corso di onniscienza facevi sega a scuola di narratorismo?»
Ma noi, in teoria sappiamo tutto! tu, per esempio, sei un detective privato che, nei sobborghi newyorchesi, affronti i casi irrisolti dalla polizia usando il tuo acume e la tua sagacia.
«Hahaahaha questa si che è bella! sei davvero un coglione! primo non siamo a NewYork ma a Giambellino e io non faccio il detective acuto e sagace ma il commesso alla Coop, reparto formaggi! Hai presente quel pirla che nella pubblicità va ad aprire il supermercato in piena notte e a scegliere i prodotti a prezzi bassi e fissi? ecco, quello è il mio capo! vedi un po' come sto messo!»
Ma, non so cosa dire...d'altronde io devo fare il mio mestiere: al lettore cosa vuoi che importi di un commesso del banco formaggi? è molto più interessante la storia del detective newyorchese!
«senza dubbio! però allora vai a rompere i maroni al detective, io devo andare a prendere le pile per il telecomando! in bocca al lupo per il lavoro, se non trovi il detective e vuoi cambiare posto posso mettere una buona parola: magari il mio capo ha bisogno di uno che lo aiuta a tirare su le tapparelle del negozio!»
humm...grazie, ci penserò!
...
...
e l'uomo si allontanò verso la notte lasciando che il buio ingoiasse anche lui.

domenica 3 aprile 2016

Il tunnel



La lunga galleria che si era accinto a percorrere integralmente, spinto da quella curiosità che solo gli uomini di intelletto brillante riescono a sviluppare, lo stava portando sempre più nel profondo di una tenebra densa e asfissiante.
Vista la situazione, si era messo a tastare malamente il terreno con il suo bastone da passeggio che, saldo, impugnava come un corrimano verso la salvezza e, alla stregua di un cieco, picchiettava a destra e a manca con la punta del legno per assicurarsi di non inciampare in qualche imprevisto ostacolo. Imperturbabile nel suo proposito di attraversare completamente il ventre della montagna, continuava e continuava ad avanzare, mettendo in conto, ad ogni passo, di poter finire in un brutto guaio. Ma Pasquale Dominici era fatto così. Era uno di quei personaggi risoluti e perseveranti nella loro scoperta della verità; arguto e determinato, non si lasciava scappare occasione per apprendere e approfondire argomenti sempre nuovi. I suoi occhi svelti correvano veloci su tutto quanto gli si presentava attorno e pungenti, riuscivano a cogliere anche le sfumature più tenui e i particolari più nascosti.
Era arrivato all'età di ventotto anni percorrendo tutte le strade che ben si convengono ad un giovane di buona famiglia: il padre, commerciante di tessuti e famoso sarto, lo aveva indirizzato alle scuole migliori e, fin da piccolo, lo aveva stimolato verso attività per le quali, la brillante mente del figliolo, aveva sempre trovato gioia e nuovi spunti di crescita e maturazione.
Ora, per essere un uomo fatto e finito, gli mancava solamente una brava moglie. A dire il vero già c'era la signorina Adelaide Giuffredi, figlia unica del medico condotto di Castelbarco, che invero era l'unica persona al mondo che riusciva a distrarlo dai suoi continui ragionamenti di scienza e filosofia. Era anche vero che, il Dominici, avrebbe dovuto prontamente prendere la sua decisione poiché l'eta avanzava non solo per lui ma anche per la signorina Giuffredi che, per dirla tutta, era già da un pezzo in età da marito ma, a quanto pareva, nessun pretendente si era finora dimostrato all'altezza di tanta bellezza e, dicono, di tanto cervello.
Ma in quel momento Pasquale Dominici aveva in mente una cosa soltanto: arrivare in fondo a questa buia galleria. Si era accorto del buco nella montagna durante una delle sue passeggiate pomeridiane, in quel lasso di tempo nel quale, di solito, i galantuomini se ne stanno a poltrire in salotto con un sigaro in mano oppure nelle sale di lettura; appena dopo il pranzo di mezzogiorno. Egli preferiva, però, approfittare di questo sistematico intervallo nella giornata per passeggiare nel boschetto che fungeva da confino tra il comune di Castelbarco e quello di Ripalta. Ed era proprio alla base del promontorio che costeggia il bosco che aveva scorto quella che, in principio, gli era sembrata una semplice grotta.
Buttandosi con veemenza nella avventurosa ed estemporanea  spedizione, non aveva saputo frenarsi quando il buio era diventato tanto pressante. La cosa migliore sarebbe stata di tornare sui suoi passi e attrezzarsi con una lampada ad olio, alla stregua di un minatore, e di proseguire con tutte le cautele che una situazione tanto pericolosa richiedeva. Invece no: ben consapevole che la profonda grotta poteva ospitare ben più di un animale pericoloso egli, imperterrito, continuava nel suo intento.
Mentre, cercando di concentrare maggiormente tutti gli altri sensi, vista l'inutilità momentanea della vista, si rese conto che la superficie rocciosa della galleria si era fatta uniforme e liscia. le sue scarpe di cuoio marrone facevano risuonare sul fondo i tacchi che, ad ogni passo, avevano cominciato a lanciare echi contro le pareti. Esse stesse, al tatto, ora si dimostravano lavorate e lisciate al pari dell'intonaco coperto di carta da parati del suo studiolo. La cosa si faceva sempre più interessante e mille pensieri pervadevano la mente del Dominici che, tra le altre, non aveva affatto scartato l'ipotesi di una su temporanea perdita di senno.
Mentre questo pensiero stava per mutare in reale convinzione nella testa del giovane, una piccola luce cominciò a farsi strada nel buio come una lama calda nel burro dandogli nuovo e rinnovato vigore nella sua missione esplorativa. Man mano che la spada di luce si ampliava il Dominici si rendeva conto di trovarsi in un ambiente ben diverso si quello che era stato l'ingresso della galleria: ora questa si dimostrava ampia e perfettamente modellata a semicerchio, come se la mano stessa di Giotto la avesse disegnata. Allo stesso modo il pavimento era diritto e, sopratutto, liscio come solo le acque di uno stagno potrebbero essere. Si accorse che il fondo non era più di pietra, come all'ingresso, bensì di nera pece compatta e puzzolente. Quale scientifico espediente era stato applicato a quest'olio per renderlo robusto come la roccia? Più crescevano gli interrogativi e più cresceva l'eccitazione: il Dominici si ritrovò a correre verso l'uscita trattenendo la paglietta sul capo e il bastone sotto l'ascella.
Giunto all'esterno gli parve che il mondo si fosse trasformato: non vi era fango a terra e nemmeno sassi, il percorso che usciva dalla montagna era liscio e compatto come già aveva avuto modo di constatare e, continuo e sinuoso, si infilava lungo una verde valle incrociando altri nastri neri che si indirizzavano in ogni direzione. Il bosco, fitto e spinoso all'entrata della galleria, era ora aperto come in un grande parco e l'erba al suolo era tutta della stessa lunghezza di pochi centimetri come se la marrone terra fosse coperta da un verde tappeto di lana invece che da vegetazione. Tutto gli appariva pulito, misurato e organizzato. Gli alberi stessi del parco erano tutti della stessa età e altezza dando allo sguardo una continuità di visuale sul panorama estremamente armonica.
Più incuriosito che spaventato cominciò a discendere la strada badando a non uscirne per non calpestare quell'erba che esercitava, su di lui, uno strano timore reverenziale. Sul fondo del nastro nero intravedeva un paese che, già da quella distanza, gli era sembrato più il lavoro di un abile artigiano che un vero e proprio abitato, soprattutto per la mancanza della nera fuliggine oltre i numerosi comignoli e per i bei colori brillanti dei caseggiati che ne dimostrava certamente la natura più di un opera d'arte che di un vero centro abitato e consumato dalle quotidiane attività umane.
Una strana sensazione lo pervadeva ed eccitava: era convinto di stare per fare nuove e meravigliose scoperte e il suo spirito di curioso scienziato era in fibrillazione.
...continua?...







sabato 13 febbraio 2016

Cosa mi hai preso?

Hai scavato dentro di me.
Le tue parole,
al pari di due mani nella terra,
sono andate con dolcezza inesorabile fino in fondo,
a stringere quel sasso che ho al posto del cuore.
Ora che non ci sei sento il vuoto dentro.
Un ampio spazio nel quale il vuoto rimbalza su se stesso in un'eco infinita.
E sento male.
Cosa mi hai preso?
cosa c'era lì dentro che, con tanta facilità, ti sei portata via?
Il sasso? O il cuore?

Non fa niente: tienitelo.
Ogni tanto, però, ascolta gli echi che si porta dietro
e rispondi.
Io ti sentirò.


sabato 30 gennaio 2016

la tua stanza buia

La vita, a volte, ti chiude in una stanza buia dalla quale puoi solo spiare, attraverso polverose strisce di luce, ciò che vorresti essere o apparire. Ma il fatto stesso di esserti guadagnato un sicuro angolo buio ti fa comprendere che, forse, ciò che puoi scoprire guardandoti dentro, è più interessante e gratificante di quanto puoi mostrare alla luce del sole poiché tu solo sai cosa c'è davvero. Dentro.
Dedicato a tutte le persone in bilico che per qualsiasi motivo non hanno ancora trovato la forza.

giovedì 10 dicembre 2015

il potere della Sfiga (evento realmente accaduto)

Con aria di sufficienza la Sfiga mi disse:"la vedi quell'auto laggiù?"
-"quale? ne vedo due: una piccola davanti e una station wagon dietro!"
Le due auto procedevano a velocità sostenuta sulla statale in direzione della montagna.
-"quella...dietro! sì, ho scelto quella!"
-"certo che la vedo. Quindi?"
-"allora, vediamo... tra quattro minuti esatti il passeggero seduto sul sedile posteriore avrà il naso fratturato!"
-"hahaha e fammi capire: vuoi ammazzare tutti gli altri in un pauroso incidente solo per rompere il naso all'unico che sopravviverà?"
-"hehe non mi conosci ancora! Ti dico che l'unico che si farà male è quello sfigato seduto sul sedile posteriore della station wagon."
-"va bene che tu, in quanto Sfiga, hai un potere inimmaginabile, ma mi sembra parecchio improbabile che tu ce la possa fare."
-" ti dico si sì, anzi, è già passato il primo minuto!" e, detto questo, puntò un dito in direzione delle auto che, ignare, correvano sotto di noi.
La piccola utilitaria cominciò a sbandare e, dopo aver colpito con il muso il guard-rail, si capovolse più volte costringendo la station wagon ad inchiodare nel mezzo della statale.
Quando la trottola di ferro si fermò il conducente, un ragazzo sui vent'anni, uscì barcollando per l'inattesa shakerata e, incerto, si diresse verso la familiare. Nel frattempo i tre amici nella familiare uscirono per soccorrere il malcapitato ed accertarsi, tra mille domande, che non si fosse fatto male.
-"Madonna che casino! Ragazzo come stai? ti sei fatto male?"
-"Porca miseria che botta! non so cosa sia successo! improvvisamente ho perso il controllo! forse è scoppiata una ruota. Mamma mia che disastro: ho distrutto la macchina di mia madre! Oh no!"
L'uomo sceso dalla porta posteriore della station, il "designato", si accorse subito della pericolosità della situazione e, preoccupandosi per le auto che ancora potevano sopraggiungere, si lanciò immediatamente in direzione del guard-rail che, divelto, ingombrava gran parte della sede stradale.
-"dammi una mano: è pesantissimo!" gridò al ragazzo che, nel frattempo aveva riguadagnato un po' di lucidità e, raccolta la pesante trave di ferro dall'asfalto ha cominciato, aiutato dal giovane, a spostarla dalla sede stradale.
-"ma cazzo, quanto pesa!" gridò stizzito il giovane mollando improvvisamente la presa.
Il "designato" si ritrovò in una frazione di secondo a dover sostenere l'intero peso dell'acciaio e, sbilanciandosi, non solo si tagliò la mano con il bordo affilato ma venne, contemporaneamente, proiettato a faccia in giù sull'asfalto, rompendosi il setto nasale in tre punti.
-"Cristosanto ma sei diabolica!"
-"Tre minuti e ventiquattro secondi! vittoria su tutta la linea!"
-"Non ci posso credere! Addirittura sotto i quattro minuti previsti! Senza contare anche il minuto perso in chiacchiere prima di tutto 'sto casino! Grandissima! Complimenti!"
-"grazie, grazie." disse fingendo di arrossire mentre volavamo via insieme. Sicuramente avrei imparato un sacco di cose da lei. Le premesse c'erano tutte!

martedì 8 dicembre 2015

Ira


Basta! Questa è già la terza volta quest'anno che mi arrivano nel culo disfandomi la macchina! Scendo che sono il diavolo in persona: questo vecchio deficiente ma che cazzo ci fa in giro? Come cazzo ti viene in mente di fiondarmi la macchina cristosanto?! Ma ti rendi conto che tu rappresenti quella categoria di persone che dovrebbero starsene chiusi in casa invece che andare per il mondo a distruggere la vita alla gente? Cosa pensi di dimostrare? Hai ottant'anni e te ne stai ancora aggrappato al volante dei questa ridicola bagnarola di ferro che altro non può fare se non demolire la macchina a me! Ehhh è inutile che cerchi di giustificarti! Devi stare ZITTO! Non devi parlare! Devi solo pagare pagare a pagare perché ne ho pieni i coglioni di quelli come te! No no no, non ci provare nemmeno! Hai torto marcio e quello che puoi fare è solo fare di sì con la testa quando ti dico che DEVI PAGARE! Si, certo! Ora ci manca solo la sceneggiata! Dài piantala vecchio balordo! Non ci casco! Hey, ti ho detto di smetterla...dài, non è divertente! Eh allora? Che intendi fare? Hey, mi senti? Signore, signore?? OH MIO DIO!!!

venerdì 4 dicembre 2015

Domani

Mentre la dermaosmosi di adrenalina faceva effetto toglievo le cuffie del sonno a rumore bianco pensando, come ogni mattina, a quando mio nonno mi raccontava che suo nonno non aveva mai utilizzato nessuno di questi metodi per dormire. Mi stupisco ogni volta. Nel logaritmo biologico standard giornaliero è previsto che ogni essere umano, della classe due, debba dormire esattamente quattrocento minuti di buon sonno privo di sogni. Non capirò mai come poteva il mio avo garantirsi una efficienza di almeno sette k-iota se non dormiva nel modo giusto. Veloce questo pensiero mi abbandonava mentre il flusso ad ultrasuoni scemava fino a permettermi di appoggiare i piedi sul pavimento.
Oggi è il giorno due della decimana e devo recarmi al centro per la raccolta genetica. Spero di passare le selezioni per la discendenza: non mi dispiacerebbe potere, tra quattrocentocinquanta decimane avere un figlio al quale insegnare aneddoti interessanti come quello che imparai da mio nonno sul mio avo! Passo attraverso l'abbigliatore che mi stampa addosso la tenuta gialla dedicata al giorno due. Oggi. Esco sulla camminovia e mi reco all'aviomatic che, recependo in wifi la mia pianificazione giornaliera, mi accompagna immediatamente al centro genetico; alla reception la hostess digitale mi indirizza subito alla multistanza di raccolta. il mio letto di emissione è il quarto della dodicesima fila: moltissimi altri umani si alternano per il deposito. Il mio stesso letto è stato appena liberato da un altro maschio. Mentre la cannula di prelievo automatico mi raggiunge le gonadi dopo la veloce anestesia a nebbia chimica, mi ritrovo a pensare all'arcaica e animalesca pratica fisica per crearsi una discendenza che avevo imparato a scuola. Decisamente ridicolo consumare tante calorie per una operazione tanto semplice. Se le risorse del pianeta fossero state illimitate probabilmente tale pratica sarebbe arrivata ai giorni nostri però, a dire il vero, non so quanto avrei apprezzato il contatto fisico con una fattrice. Veloce il pensiero mi abbandona mentre la cannula si ritira e posso tornare al centro operativo per le attività. Oggi è prevista la presentazione del nuovo sistema di alimentazione a contatto palmare. Finalmente! mi ero proprio stufato di inalazioni quotidiane.