giovedì 10 dicembre 2015

il potere della Sfiga (evento realmente accaduto)

Con aria di sufficienza la Sfiga mi disse:"la vedi quell'auto laggiù?"
-"quale? ne vedo due: una piccola davanti e una station wagon dietro!"
Le due auto procedevano a velocità sostenuta sulla statale in direzione della montagna.
-"quella...dietro! sì, ho scelto quella!"
-"certo che la vedo. Quindi?"
-"allora, vediamo... tra quattro minuti esatti il passeggero seduto sul sedile posteriore avrà il naso fratturato!"
-"hahaha e fammi capire: vuoi ammazzare tutti gli altri in un pauroso incidente solo per rompere il naso all'unico che sopravviverà?"
-"hehe non mi conosci ancora! Ti dico che l'unico che si farà male è quello sfigato seduto sul sedile posteriore della station wagon."
-"va bene che tu, in quanto Sfiga, hai un potere inimmaginabile, ma mi sembra parecchio improbabile che tu ce la possa fare."
-" ti dico si sì, anzi, è già passato il primo minuto!" e, detto questo, puntò un dito in direzione delle auto che, ignare, correvano sotto di noi.
La piccola utilitaria cominciò a sbandare e, dopo aver colpito con il muso il guard-rail, si capovolse più volte costringendo la station wagon ad inchiodare nel mezzo della statale.
Quando la trottola di ferro si fermò il conducente, un ragazzo sui vent'anni, uscì barcollando per l'inattesa shakerata e, incerto, si diresse verso la familiare. Nel frattempo i tre amici nella familiare uscirono per soccorrere il malcapitato ed accertarsi, tra mille domande, che non si fosse fatto male.
-"Madonna che casino! Ragazzo come stai? ti sei fatto male?"
-"Porca miseria che botta! non so cosa sia successo! improvvisamente ho perso il controllo! forse è scoppiata una ruota. Mamma mia che disastro: ho distrutto la macchina di mia madre! Oh no!"
L'uomo sceso dalla porta posteriore della station, il "designato", si accorse subito della pericolosità della situazione e, preoccupandosi per le auto che ancora potevano sopraggiungere, si lanciò immediatamente in direzione del guard-rail che, divelto, ingombrava gran parte della sede stradale.
-"dammi una mano: è pesantissimo!" gridò al ragazzo che, nel frattempo aveva riguadagnato un po' di lucidità e, raccolta la pesante trave di ferro dall'asfalto ha cominciato, aiutato dal giovane, a spostarla dalla sede stradale.
-"ma cazzo, quanto pesa!" gridò stizzito il giovane mollando improvvisamente la presa.
Il "designato" si ritrovò in una frazione di secondo a dover sostenere l'intero peso dell'acciaio e, sbilanciandosi, non solo si tagliò la mano con il bordo affilato ma venne, contemporaneamente, proiettato a faccia in giù sull'asfalto, rompendosi il setto nasale in tre punti.
-"Cristosanto ma sei diabolica!"
-"Tre minuti e ventiquattro secondi! vittoria su tutta la linea!"
-"Non ci posso credere! Addirittura sotto i quattro minuti previsti! Senza contare anche il minuto perso in chiacchiere prima di tutto 'sto casino! Grandissima! Complimenti!"
-"grazie, grazie." disse fingendo di arrossire mentre volavamo via insieme. Sicuramente avrei imparato un sacco di cose da lei. Le premesse c'erano tutte!

martedì 8 dicembre 2015

Ira


Basta! Questa è già la terza volta quest'anno che mi arrivano nel culo disfandomi la macchina! Scendo che sono il diavolo in persona: questo vecchio deficiente ma che cazzo ci fa in giro? Come cazzo ti viene in mente di fiondarmi la macchina cristosanto?! Ma ti rendi conto che tu rappresenti quella categoria di persone che dovrebbero starsene chiusi in casa invece che andare per il mondo a distruggere la vita alla gente? Cosa pensi di dimostrare? Hai ottant'anni e te ne stai ancora aggrappato al volante dei questa ridicola bagnarola di ferro che altro non può fare se non demolire la macchina a me! Ehhh è inutile che cerchi di giustificarti! Devi stare ZITTO! Non devi parlare! Devi solo pagare pagare a pagare perché ne ho pieni i coglioni di quelli come te! No no no, non ci provare nemmeno! Hai torto marcio e quello che puoi fare è solo fare di sì con la testa quando ti dico che DEVI PAGARE! Si, certo! Ora ci manca solo la sceneggiata! Dài piantala vecchio balordo! Non ci casco! Hey, ti ho detto di smetterla...dài, non è divertente! Eh allora? Che intendi fare? Hey, mi senti? Signore, signore?? OH MIO DIO!!!

venerdì 4 dicembre 2015

Domani

Mentre la dermaosmosi di adrenalina faceva effetto toglievo le cuffie del sonno a rumore bianco pensando, come ogni mattina, a quando mio nonno mi raccontava che suo nonno non aveva mai utilizzato nessuno di questi metodi per dormire. Mi stupisco ogni volta. Nel logaritmo biologico standard giornaliero è previsto che ogni essere umano, della classe due, debba dormire esattamente quattrocento minuti di buon sonno privo di sogni. Non capirò mai come poteva il mio avo garantirsi una efficienza di almeno sette k-iota se non dormiva nel modo giusto. Veloce questo pensiero mi abbandonava mentre il flusso ad ultrasuoni scemava fino a permettermi di appoggiare i piedi sul pavimento.
Oggi è il giorno due della decimana e devo recarmi al centro per la raccolta genetica. Spero di passare le selezioni per la discendenza: non mi dispiacerebbe potere, tra quattrocentocinquanta decimane avere un figlio al quale insegnare aneddoti interessanti come quello che imparai da mio nonno sul mio avo! Passo attraverso l'abbigliatore che mi stampa addosso la tenuta gialla dedicata al giorno due. Oggi. Esco sulla camminovia e mi reco all'aviomatic che, recependo in wifi la mia pianificazione giornaliera, mi accompagna immediatamente al centro genetico; alla reception la hostess digitale mi indirizza subito alla multistanza di raccolta. il mio letto di emissione è il quarto della dodicesima fila: moltissimi altri umani si alternano per il deposito. Il mio stesso letto è stato appena liberato da un altro maschio. Mentre la cannula di prelievo automatico mi raggiunge le gonadi dopo la veloce anestesia a nebbia chimica, mi ritrovo a pensare all'arcaica e animalesca pratica fisica per crearsi una discendenza che avevo imparato a scuola. Decisamente ridicolo consumare tante calorie per una operazione tanto semplice. Se le risorse del pianeta fossero state illimitate probabilmente tale pratica sarebbe arrivata ai giorni nostri però, a dire il vero, non so quanto avrei apprezzato il contatto fisico con una fattrice. Veloce il pensiero mi abbandona mentre la cannula si ritira e posso tornare al centro operativo per le attività. Oggi è prevista la presentazione del nuovo sistema di alimentazione a contatto palmare. Finalmente! mi ero proprio stufato di inalazioni quotidiane.

martedì 1 dicembre 2015

l'impalatore

Quel maledetto pendolo non la smetteva di dondolargli davanti agli occhi. Non gli sembrava nemmeno più che stesse dondolando: gli pareva, piuttosto, che rimbalzasse da destra a sinistra contro a delle invisibili pareti di cui solo lui poteva percepire la presenza. Ad un tratto il pendolo si fermò e fu la sua testa ad oscillare a destra e sinistra incessantemente. Capì che il momento era giunto. Quello era l'istante in cui la sua testa si sarebbe spalancata.
Non udiva più la voce del medico, o ciarlatano che fosse: il pendolo improvvisamente si aprì in un forte bagliore, una volta calato il quale, una nitida visione gli si materializzò davanti. "Quello è Spanky, il mio cane... me lo ricordo bene!". Il filmato continuò zoommando su un bel bambino biondo che, nel bel mezzo di un campo fiorito, correva con il suo cagnetto bianco e nero. Il ragazzo lanciava il bastone e Spanky andava a prenderlo. Un bel gioco fino a quando, mentre il cagnetto mordeva il bastone tenendolo da una estremità, il bel bambino non glielo spinse a forza giù per la gola alla stregua di uno spiedo per cinghiali. L'espressione dell'uomo, come quella del ragazzo, prese un che tra l'ebete e il divertito. "E' così che è andata. Certo. Ora ricordo bene".
Il gruppo di poliziotti lasciava che "l'impalatore" raccontasse, in stato di trance, questa remota esperienza del suo passato. Sul viso di detectives e supervisori l'espressione calma di chi aveva la consapevolezza di avere catturato la persona giusta.

mercoledì 18 novembre 2015

cavia

Ore 2:38. Dal monitor riesco a tenerlo sotto controllo in modo perfetto. Anche al buio, grazie alla telecamera con gli infrarossi che ho installato. Si agita parecchio stanotte. Più del solito. Sto vagliando le varie opzioni per individuare quale sia quella che gli provoca maggiore disagio e dolore: ho impostato la temperatura del sotterraneo a quattro gradi celsius e lo vedo tremare e muoversi molto. Il vapore davanti alla sua bocca mi fa intuire che probabilmente sta urlando. Bene.
Continua a dondolare avanti e indietro tenendo le braccia conserte al corpo per riscaldarsi. Decido di accendere la luce per qualche minuto; tanto da illuderlo che qualcosa, della sua condizione, stia mutando.
Si copre gli occhi con le mani, ferito dal bagliore dei grossi neon che ho appeso al soffitto. Si guarda intorno smarrito, come al solito, e poi comincerà ad urlare e a prendere a pugni la porta in ferro, pur sapendo che è tutto inutile.
Prendo i miei appunti sul taccuino e mi rendo conto che non mi sta dando nulla di nuovo rispetto ai giorni precedenti.
Gli spengo la luce e vado a letto. Gli farò trovare, alla prossima accensione, pane secco e acqua in mezzo alla stanza. Si sta scervellando da giorni su come ci riesco ma è un trucchetto che non gli darò la soddisfazione di scoprire.
Ore 5:04. E' rannicchiato contro uno spigolo cercando di non disperdere calore corporeo. Nell'angolo di destra opposto alla porta il mucchietto delle sue deiezioni sta piano piano aumentando. Se non fosse per il sistema di ricambio che ho predisposto, l'aria là sotto sarebbe irrespirabile. Accendo.
Si riscuote e si guarda intorno. Trova il cibo in mezzo al pavimento e comincia ad urlare. Piange. E' solo la quarta volta. Controllo gli appunti. No, quinta.
Mangia voracemente continuando a camminare in tondo, poi si ferma improvvisamente, guarda verso la telecamera che, da giorni, gli lampeggia in faccia impudente, e... inizia a cantare. Non sento cosa stia cantando perchè, volutamente, non ho messo microfoni nella stanza. Dal labiale mi pare possa essere "Somewere over the rainbow". Canta ma non cede: siamo al nono giorno e ancora resiste. L'altro già al settimo prese a testate il muro fino a fracassarsi la testa.

lunedì 16 novembre 2015

"grazie"

Cammino sul marciapiede cercando di intravederlo attraverso le tenebre che, ormai, si impossessano del mondo già nel pomeriggio. Perso nei miei pensieri percepisco appena il rumore della bicicletta che, dietro di me, sta per raggiungermi. Istintivamente mi faccio da parte per lasciarla passare ben sapendo che, comunque, una bici non dovrebbe transitare sul percorso riservato ai pedoni. La cosa comunque non mi dà fastidio: con il buio precoce di questi giorni farebbe sentire più tranquillo anche me viaggiare fuori dalla sede stradale.
Mentre mi sorpassa mi dice una sola parola: "grazie".
Mi fermo a seguirla con lo sguardo mentre si allontana dopo aver risposto un sommesso "figurati!".
Ora come ora non so che faccia abbia avuto nè se si potesse definire bella o brutta. So che era sulla quarantina, bionda con i capelli relativamente corti e che pedalava spingendo sui pedali con i talloni, come i bimbi. Quello che, invece, mi è rimasto è quella singola parola, pronunciata con una voce che definire morbida o vellutata sarebbe riduttivo. Una singola parola pronunciata in modo... perfetto. Un intrinseco sorriso impresso nel timbro, nessuna inflessione. Una tonalità che accarezza l'aria mentre dalla sua bocca raggiunge le mie orecchie. Una voce che per mille altre parole avrei ascoltato.
Fermo sul marciapiede la guardo allontanarsi e mi rendo conto che la vorrei fermare. Vorrei urlarle "hey tu, torna qui. parlami ancora e ancora. Dimmi tante altre parole. Dimostrami che il mondo nasconde anche belle sorprese. Fammi stare bene!"
Ovviamente non faccio nulla se non guardarla scomparire lungo la via avvolta dal buio. Mentre riprendo a camminare penso che, anche solo per questo piccolo "grazie", la mia giornata, oggi, è un po' migliore di ieri.

domenica 8 novembre 2015

Perchè scrivo

Lo scorrere delle dita sulla tastiera non mi sembra mai abbastanza veloce. Ogni stupido errore per il quale sono costretto a tornare indietro a correggere, altro non è che un dosso rallentatraffico per il mio pensiero che corre molto più veloce di quanto la pesante fisicità di queste mani riescano ad assecondare. Il cervello viaggia, mastica, sviluppa e crea. Emozioni, giochi, pensieri. Tutto merita di essere trasferito su un supporto che, domani, mi permetterà di rivedere, rileggere, rivivere. Ciò che meriterà potrà anche essere condiviso. Solo a questo punto possono cominciare i problemi: i segreti più inconfessabili, se sottoposti al solo nostro giudizio, possono mitigarsi in una serie di scuse fittizie che, operosamente, ricamiamo loro intorno. Proprio alla stregua di un maglioncino su misura. Il tutto per rendere più accettabile quanto ci siamo prestati a mettere nero su bianco. Quando si passa alla fase successiva, però, dobbiamo prepararci a strappare questa coltre di finte motivazioni con le quali abbiamo cullato il nostro pensiero perchè, al mondo, non gliene frega nulla di giustificarci. Anzi, spesso il mondo non vede l'ora di sfogarsi e, ogni canale che permette questa esplosione di forza e rabbia e cattiveria è più che benvenuto.
Ma l'onestà intellettuale vince sempre. Vince sulle critiche distruttive, vince sulla cattiveria, vince sull'invidia che, a conti fatti, sono malattie dalle quali mi sento immune.
Quando il pensiero che guida la penna è trasparente, rispettoso, educato e... sorridente, il mondo lo accoglierà benevolo perchè il mondo ha bisogno di concretezza e positività. Di qualcosa a cui appoggiarsi che renda le verità più sopportabili.

giovedì 16 aprile 2015

Si parte sempre da una pagina bianca

Una pagina bianca, per uno scrittore, rappresenta una sfida tra la quiete del candido supporto e il turbinio dei pensieri che girano per la testa.
La sua capacità dovrebbe essere quella di vincere questa sfida riuscendo a riversare il caos della creatività sulla pagina, in un ordine sufficientemente comprensibile a chi vorrà poi dedicare del tempo alla lettura.
La capacità si trasforma poi in abilità se, oltre ai contenuti, parte delle emozioni che spingono i pensieri da una parete all'altra della scatola cranica riusciranno ad accompagnare lo scritto nella sua evoluzione in letto e quindi a spingerli e agitarli nuovamente anche nella testa del lettore. Creando così una condivisione tra scrittore e lettore non solo di contenuti, ma, e soprattutto, di emozioni.

Apro questo blog, non senza un po' di imbarazzo, per soddisfare una mia necessità: mettermi alla prova in un campo che da sempre mi appassiona.
Sono un essere poliedrico e i miei interessi spaziano in molte direzioni (se vi va date una occhiata ai miei siti per farvi una idea), quello della scrittura, però, è un pallino che mi porto in tasca da anni e, anche se finora ho tenuto i miei racconti chiusi nel cassetto sopra a quello dei calzini, ora ho deciso di andare oltre. Di non tenere tutto per me e di  aprirmi a chi avrà la passione e la pazienza di leggermi.
I commenti sono aperti: se lo ritenete giusto massacratemi. Mi aiuterete a capire e a migliorare e la cosa sarà positiva per me e per voi.
Ciò che non trovate qui è nelle altre pagine del blog raggiungibili dai link a destra.

ROMANZO: VOLO DI NASCOSTO